Ti butti o non ti butti?

Avete presente quando siete in vacanza al mare e siete in costume e qualcuno vi invoglia a fare il bagno e voi un pò infreddoliti, un pò imbronciati, un pò indecisi vi avvicinate e accostate la punta del piede allo specchio d'acqua per sentire la temperatura e dare spazio al cervello di fare le sue valutazioni?
Ecco.
Quella sensazione che vi prende e che è esattamente quella che vi farà decidere, che vi permetterà di muovere la macchina del corpo esattamente come volete, come desiderate, come preferite. Avete appena guadagnato una giustificazione concreta, determinata e razionalmente calcolata per muovervi esattamente in quel modo.

L'acqua è fredda.

Potete tornare al vostro posto, nel vostro angolino di protezione, in cui nessuno può dirvi alcunché perché l'acqua è fredda e nessuno fa il bagno se l'acqua è fredda.
Da quel posto il mondo ha un colore controllabile, categorizzabile, inquadrabile. 
É un ottimo posto di comando in cui non ti vede nessuno, ma ti vedono tutti.
Non serve andare via perché hai tutte le ragioni del mondo e rimani lì, a guardare chi si butta e si lamenta, chi ride, chi pensa che "non sia poi così male".
E stai lì, a guardare chi rischia, chi ci prova, chi chiude gli occhi.
Il mondo va, processa comportamenti e emozioni, si crea muovendosi e prova vivendo per scrivere pezzi di storia e tu vedi quel libro che si sta scrivendo e ti ritrai sempre più indietreggiando sul telo inumidito. Vedi la vita davanti a te e ti chiedi perché non ti sei buttato, perché non lo hai fatto. Tieni stretta a te quella giustificazione e te la ripeti come un mantra forse per convincere te stesso o per essere un pò più convincente con quell'altra parte che sta dentro il tuo corpo e che ridacchia tra una pulsazione e l'altra e aspetta che la smetti. Abbassi la testa mentre senti in lontananza rumore d'acqua e schiamazzi e urla e silenzi. 
Stringi i pugni e senti la pelle d'oca sulla pelle e il mantra va in loop in testa ma dentro di te, lì dentro lo sai. Hai chiaro che cosa sta accadendo.

Eppure rimani lì, al sicuro, nascosto e aspetti che quelli in acqua quasi si dimentichino del mondo intorno a loro.

Quindi alla fine chi vince? Chi ha la meglio? Quale parte del mondo segnerà il touchdown?
Chi è in acqua e trema sorridendo al compagno o chi, al sicuro da qualsiasi attacco emozionale rimane seduto lì, sulla sabbia, a guardare il mondo che continua a girare?
Insomma chi di queste persone secondo voi è più felice?

Io non lo so eppure mi rendo conto che alle volte la via più semplice è la più rischiosa e che sempre più spesso si sceglie la via più complicata e complessa e intricata per stare temporaneamente più comodi perché alla fine è vero, niente e nessuno ti tocca e a te sembra di poter comandare il mondo, ma - diciamocelo - chi di loro alla fine tornerà a casa più pieno e desideroso che la notte passi in fretta per ricominciare una nuova avventura il giorno dopo?





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